“TUTTI COLORO CHE SCRIVONO SONO UN PO’ MATTI. IL PUNTO E’: RENDERE INTERESSANTE QUESTA FOLLIA” (Francoise Truffaut, regista)
Cari amici, ben trovati!
Oggi, inevitabilmente, dovremo indirizzare la nostra attenzione all’epidemia di Coronavirus che sta, ahimè!, interessando più la nostra che le altre Nazioni europee. Al di là dei dati obiettivi che comunque creano una certa apprensione -in una settimana si sono decuplicati sia i casi di infezione che i decessi, anche se quasi tutti di persone anziane, come si compiace di affermare chi fornisce l’informazione, quasi per diminuire l’effetto della notizia, come se perdere gli anziani “fosse meno grave”!- , un fatto, penso, ci debba far riflettere molto: mi sto riferendo al profondo contrasto emerso tra il Governo Centrale e le Regioni colpite (ma anche le altre) nella gestione dei contagi (chiamiamoli così, per non alimentare altre paure e timori). La Sanità, come l’Educazione, sono alcune delle materie divenute “concorrenti” tra Stato e Regioni, a seguito della legge n° 3 del 2001; conseguentemente i Governatori regionali male hanno digerito l’intromissione del Governo centrale. Proviamo a chiarire molto sinteticamente: la Costituzione stabilisce che nelle materie “concorrenti” il potere legislativo sia a capo delle Regioni, tranne che per la definizione dei principi fondamentali, che il legislatore costituzionale ha inteso riservare al legislatore dello Stato, ma, nel caso specifico, vista la molteplicità e diversità degli interventi che venivano ad attuarsi, il Governo centrale ha cercato di realizzare una forma di coordinamento se non proprio l’avocazione della facoltà di dare disposizioni in merito, scatenando la reazione delle Regioni interessate. Forse, il Governo, nella circostanza, ha tenuto presente l’art. 120 della Costituzione 2° comma, che testualmente prevede ”il governo può sostituirsi a organi delle regioni, delle città metropolitane delle province e dei comuni nel caso… di pericolo grave per l’incolumità e la sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedono la tutela dell’unità giuridica o dell’unità economica” e questo indipendentemente dal livello di efficienza che si riconosce al Governo (se non si riconosce la sua validità, deve essere mandato a casa). Obiettivamente non si può criticare il tentativo di coordinare l’emergenza, ancorché timidamente concretizzato con “un’ordinanza per uniformare i comportamenti delle Regioni”, date le diverse modalità di approccio alla problematica, palesate da queste ultime, più o meno direttamente coinvolte: alcune hanno chiuso le scuole perché direttamente implicate, altre le hanno chiuse a solo scopo cautelativo, senza avere avuto un solo caso nel territorio; in una regione si è determinata la chiusura dei locali di ritrovo dopo le 18; alcune regioni hanno disposto l’effettuazione obbligatoria, a tappeto, dei tamponi, altre a tanto hanno proceduto solo per chi si riteneva, obiettivamente, oggetto di possibile contagio; altre ancora non hanno neppure previsto una vigilanza specifica su chi si autoproclama proveniente dalle aree dei focolai. Non è possibile affrontare emergenze di questo tipo, che coinvolgono l’intero Sistema Paese, facendo riferimento e accampando le autonomie regionali e locali, ma ritengo che per dirimere subito la questione -il cui solo insorgere ha gettato un’ombra di insicurezza sull’intero sistema- sarebbe stato sufficiente rifarsi, subito, all’art. 32 della Costituzione che al capo 1° testualmente afferma ”la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo ed interesse della collettività….”, che non lascia ombra di dubbio come sia, sempre e comunque, “Dovere” dello Stato assicurare la tutela della salute a tutti i cittadini, senza possibili differenze o discriminazioni o approcci selettivi. Potrà sembrare un assurdo, ma penso che, probabilmente, dovremo ringraziare il Coronavirus che ha fatto emergere il problema, dallo stato latente in cui si trovava, provocando un confronto che, spero, induca ad una inevitabile precisazione, o addirittura, modifica costituzionale.
Altro caso particolare della settimana, che a molti è sfuggito, è il ritrovamento casuale, in una intercapedine del Policlinico romano “Gemelli”, da parte di alcuni operai, del cadavere mummificato di un paziente del suddetto ospedale, di origine rumena, quindi legittimamente in Italia, senza fissa dimora, accompagnato all’atto del ricovero -il 10 agosto 2019- da un appartenente alla “Caritas”, sparito dalla corsia nei giorni successivi e dopo qualche giorno di asserite, inutili ricerche -così riferisce la stampa- indicato come “dimesso volontario”, senza che si sia proceduto ad alcuna denuncia da parte dei competenti organi del nosocomio (ma per una dimissione volontaria non ci deve essere una firma dell’interessato?). Certo non siamo in uno stato di polizia, però è triste pensare che siamo -pur ritenendoci civilissimi e democraticissimi- in un luogo dove sia possibile morire ignorati, civilmente e democraticamente, in una struttura pubblica!
Voglio porre alla vostra attenzione un terzo argomento -sul quale ritorneremo più compiutamente in altro momento- di palpitante attualità: mi riferisco al decreto “1000 Proroghe” approvato definitivamente, con la fiducia, il 26 febbraio ultimo scorso dal Senato. Ma cosa c’è di strano? Voi mi chiederete ed io vi rispondo. Innanzitutto, una considerazione di carattere generale: nel 2005 si pensò, per la prima volta, di varare alla fine dell’anno un decreto, “di carattere eccezionale,” denominato “1000 Proroghe”, per prorogare la validità di leggi e regolamenti, in scadenza, o rinviare l’inizio di alcune disposizioni normative. Il decreto, che aveva inizialmente, come già detto, la caratteristica di essere “eccezionale”, fu emanato, invece, ogni anno fino al 2015 ed è poi, stato ripreso dal 2018. Oggi il decreto serve non solo ai suoi fini iniziali, ma anche all’inserimento di norme, emendamenti e disposizioni dell’ultima ora, una sorta di miscellanea, sulle quali, probabilmente, non si intende discutere troppo. La seconda cosa strana, più contingente, quest’anno è costituita dal periodo di emanazione: dalla sua origine il provvedimento è stato sempre emanato alla fine dell’anno, anche per giustificarne la “eccezionalità”, ma oggi il “1000 Proroghe” viene emanato all’inizio del terzo mese dell’anno, quando o i provvedimenti sono scaduti oppure c’è tutto il tempo per poterli discutere compiutamente in aula, come è dovere del Parlamento. E allora perché? Mah!
Sono tanti i motivi che ci inducono a tornarci sopra e ci torneremo!
BUONA SETTIMANA A TUTTI
Segretario Generale di SI.A.MI.CO. Gen. C.A. CC (c.a.) Serafino Liberati
Fonti utilizzate:
Il Messaggero, la Repubblica, il Giornale, il Fatto quotidiano, Avvenire, MF, Il Sole 24 ORE, Il Manifesto, Corriere della Sera, Libero, Il Giorno, La Notizia, La Verità, Left, La Stampa, Italia Oggi.