“TUTTI COLORO CHE SCRIVONO SONO UN PO’ MATTI. IL PUNTO E’: RENDERE INTERESSANTE QUESTA FOLLIA” (Francoise Truffaut, regista).

Cari amici, ben trovati! Questa che ora andrete a leggere sarà l’ultima riflessione prima della pausa estiva (sospendiamo per luglio ed agosto e riprenderemo, se Dio vorrà, puntualmente, il prossimo settembre).

Oggi è il giorno delle “Lezioni Apprese”. Noi militari -ma lo dovrebbero fare sia le aziende che i complessi politici- facciamo spesso ricorso al sistema delle “Lezioni apprese”, che sono le informazioni documentate sulle esperienze, sia positive che negative, di un progetto realizzato o di un evento accaduto, al fine di identificare la bontà delle procedure per mantenerle o eventualmente migliorarle per casi analoghi che dovessero presentarsi in avvenire: poter apprendere dai fallimenti o dai successi di progetti ed eventi passati diventa, secondo me, un elemento importantissimo per ogni scelta. Non so se i nostri governanti lo facciano, ma ne dubito. Proviamo a farlo noi, anche se non in maniera approfondita, perché ci vorrebbe tempo e notizie vere e reali su quello che è successo e noi abbiamo solo quelle apprese dai giornali, non sempre del tutto affidabili.

L’evento, oggetto dell’analisi di oggi, è inevitabile che sia la “Pandemia di Coronavirus” e queste “lezioni apprese” non possono che essere parziali perché il virus è ancora sul territorio e non possiamo considerarci “fuori”. Ebbene, quali sono gli aspetti che, secondo noi, andrebbero attenzionati per evitare il ripetersi di errori e di situazioni non conformi alle necessità?

Innanzitutto la “confusione” creatasi tra le competenze dello Stato e delle Regioni in materia di un diritto costituzionalmente garantito come quello della salute, che ha reso difficile individuare i confini delle rispettive competenze con conseguenze, a volte, anche drammatiche: abbiamo visto –in una situazione di emergenza- il Presidente del Consiglio ricorrere al Giudice amministrativo per ottenere l’annullamento di una ordinanza regionale (Calabria) in contrasto con quanto stabilito da un suo Dpcm, preferendo, peraltro, la via giudiziaria ad un provvedimento governativo di annullamento.

Abbiamo visto la Provincia autonoma di Bolzano, anticipare -rispetto a quanto stabilito dal Governo nazionale- l’apertura delle attività economiche e di altro.

Abbiamo assistito alla diatriba tra la Presidenza del Consiglio e la Regione Lombardia -fatta sorgere dalla Procura di Bergamo- su chi ricadesse la responsabilità della chiusura della “zona rossa” ad Alzano e Nembro, paesi dove il virus ha provocato migliaia di vittime.

E’ evidente che la “lezione appresa” da queste situazioni, se valutata, porterà inevitabilmente ad un momento di seria riflessione (Costituzionale) per sfuggire, qualora se ne presenti la necessità, al ripetersi di situazioni così incresciose e, soprattutto, pericolose.

Il secondo aspetto di questo evento, su cui è necessaria una riflessione, secondo me, è quello della mancata, iniziale, organizzazione, a livello centrale -giustificata sempre con l’autonomia regionale in materia di sanità- di una centrale unica per gli acquisti del materiale sanitario necessario. Abbiamo, così, assistito al biasimevole spettacolo nel quale ogni Regione si è data da fare, in completa autonomia, per accaparrarsi mascherine, ventilatori, respiratori e quant’altro si ritenesse in grado di fronteggiare l’epidemia, senza che qualcuno si preoccupasse di una visione generalizzata delle necessità, provvedendo in conseguenza e dando, soprattutto, al Paese, la sensazione di avere sotto controllo la situazione.

Un terzo aspetto, da prendere in seria considerazione, è la necessità che in situazioni analoghe vengano dettate regole valide per tutti, stabilite su suggerimento di una Comunità Scientifica ben individuata, senza possibilità di far esprimere ogni sanitario, soprattutto in televisione, sulla sua particolare visione del problema, che spesso crea confusione e disinformazione.

Voglio, soltanto, sfiorare l’argomento “burocrazia” la cui semplificazione è sulla bocca di tutti, ma che anche in periodi di emergenza assoluta, come quello che abbiamo vissuto e stiamo vivendo, ha preteso, per l’attuazione di quanto deciso dal Governo, la messa in campo di ben 191 “Decreti Attuativi”, la maggior parte dei quali ancora non ha visto la luce! Dico questo non per mortificare la professionalità della Pubblica Amministrazione, ma per tentare di rimuovere dei pesi e dei gangli che non sono più accettabili, specialmente nei momenti di crisi del Paese.

Altro aspetto da valutare è quello della palesata tendenza degli Italiani, in momenti di emergenza, a sentirsi vicini, senza distinzione di colore e di parte e questo lo hanno evidenziato, nel momento più grave, con il canto spontaneo dai balconi, arredati con bandiere ed altri simboli patrii, intonando l’inno nazionale e le canzoni, per consolarsi, aiutarsi e darsi più coraggio nei momenti di sofferenza: in sintesi di sentirsi uniti e vicini. Di contro, la politica ha risposto cercando di approfittare del momento dell’emergenza per evidenziare le carenze della parte avversa con il malevolo auspicio di attirare consensi: la gente vuole essere unita, è la politica che divide.

L’aspetto emergente, però, su cui dovrà porsi la massima attenzione per il futuro è sicuramente quello relativo al nostro Servizio Sanitario Nazionale, che, comunque ha “tenuto bene”, soprattutto, però, per lo spirito di sacrificio e la professionalità -che non ammettono discussione- dei Sanitari e dei Parasanitari, meno per quanto riguarda l’“organizzazione”. Negli ultimi 10 anni per sopperire a multiformi  impegni economici, i vari Governi hanno operate delle scelte che, con il senno di poi, possono essere definite catastrofiche; forse bisognava essere più previgenti e più accorti su quelle che sono comunque le priorità di un popolo e, prima fra tutte, la “Salute” e forse non avremmo avuto  il taglio di 70.000 posti letto, il taglio di 175 unità ospedaliere (ogni regione ha perso cica 10 ospedali sul territorio), la riduzione della spesa sanitaria pubblica di 25 miliardi di euro, che ha comportato il  blocco delle assunzioni del personale medico e paramedico, tanto che abbiamo avuto necessità, in questo frangente, di ricorrere al soccorso di volenterosi e generosi Paesi stranieri che hanno inviato contingenti di loro Sanitari. Non si può, di fronte ad un bene primario come la “Salute”, considerare adeguato solo quello che è conciliabile con le risorse economiche disponibili e non ciò che è richiesto dalla necessità delle cure.

Ci vorrebbero ancora pagine e pagine per completare l’analisi e dare un senso compiuto a queste “lezioni apprese”. Io ho voluto esemplificare nella sola speranza che “Qualcuno che Conta”, leggendoci, se non ci ha pensato, possa prendere lo spunto per farlo: non siamo gelosi delle nostre iniziative, quando l’obiettivo è costituito dal bene comune!

Ma un’ultima cosa fatemela dire, come sintesi di tutte le “Lezioni”: abbiamo necessità di una Classe Dirigente preparata e competente e questa è una lezione da apprendere da parte di tutti noi cittadini. Chi vuol capire capisca!!

 

                    BUONE VACANZE A TUTTI ED ARRIVEDERCI A SETTEMBRE!

Segretario Generale di SI.A.MI.CO.

Gen. C.A. CC (c.a.) Serafino Liberati

Fonti utilizzate:

Il Messaggero, la Repubblica, il Giornale, il Fatto quotidiano, Avvenire, MF, Il Sole 24 ORE, Il Manifesto, Corriere della Sera, Libero, Il Giorno, La Notizia, La Verità, Left, La Stampa, Italia Oggi.