“TUTTI COLORO CHE SCRIVONO SONO UN PO’ MATTI. IL PUNTO E’: RENDERE INTERESSANTE QUESTA FOLLIA” (Francoise Truffaut, regista).
Cari amici, ben trovati! E’ evidente che quando usciremo da questa emergenza –e ne usciremo!- non vorrete più sentir parlare di coronavirus e porcherie di questa fatta.
Ora però è ancora necessario e, mio malgrado, dovrò farlo anche questa volta.
Ieri, 18 aprile, il Presidente del Consiglio, in “cabina di regia” -ora veniamo a sapere, incidentalmente, che esiste una “cabina di regia” di cui non è ben chiara la costituzione, non essendo stata adeguatamente pubblicizzata- ha imposto ai Governatori di non andare ognuno per conto suo, nella fase di riapertura delle attività produttive e nella liberalizzazione delle attività sociali. E bene ha fatto, ma non riesco a capire perché si è tanto cincischiato con dichiarazioni alla stampa, interviste e quant’altro, che bene non hanno fatto alla visibilità dell’univocità di indirizzo, indispensabile in un momento di crisi, e che ai più sono sembrate mosse di “accaparramento politico” di consensi.
Ma cosa avrebbero dovuto fare? Secondo me, si sarebbe dovuto affermare, senza mistificarlo come “accordo”, che essendo la salute dei cittadini un bene “Costituzionalmente tutelato” sia come diritto fondamentale dell’individuo, sia come interesse della collettività –art. 32 della Costituzione Italiana- ed essendo l’Italia una Repubblica regionale, ma non federale né confederale, lo Stato aveva tutto il diritto di stabilire delle norme univoche, valide su tutto il territorio nazionale, palesandosi, almeno in questo frangente, come uno Stato forte che, come ci ha spiegato a suo tempo De Gasperi -non uno qualunque- “non significa arbitrario, ma quello ove si rispetta e si fa rispettare la legge”.
Detto questo, c’è anche da dire che è giusto e doveroso che il Governo si muova fornendo, al più presto, quelle certezze che la gente si aspetta. E’ evidente che non possiamo ipotizzare che il virus si estingua completamente da oggi a domani ed è altrettanto evidente che dovremo avere un periodo di “convivenza” con questa malattia; quindi è necessario -questo è l’auspicio di tutti- che sulla scorta del già citato articolo costituzionale il Governo centrale predisponga una serie di misure, univoche e valide su tutto il territorio nazionale, anche per la riapertura e soprattutto per le modalità con cui vivere questo periodo.
Una seconda circostanza su cui vi invito a riflettere è il fatto che, in attesa della riunione dei Capi di Stato e di Governo dell’UE, programmata per il 23 aprile p.v., non è riuscito al Presidente Conte di “nebulizzare” la sua posizione agli occhi dei partners europei, evitando il voto in Parlamento, preventivo alle comunicazioni da fare in quella sede, atteso il risultato della votazione all’Europarlamento, del 17 aprile, sulla risoluzione circa i provvedimenti da adottare dalla UE per fronteggiare la crisi economica e sociale determinata dal coronavirus. Ma quale era l’oggetto della votazione? In sostanza si doveva approvare la proposta della Commissione Europea di realizzare un massiccio pacchetto di investimenti per la ripresa e la ricostruzione dell’economia europea dopo la crisi, oltre quanto ipotizzato per il MES, la BEI e la BCE, da inserire nel quadro finanziario pluriennale -il famoso QFP- del bilancio europeo; i suddetti investimenti, si ipotizza, potrebbero realizzarsi tramite il bilancio europeo ampliato -si parla del doppio- e anche attraverso i fondi e gli strumenti già esistenti, con l’utilizzo di obbligazioni garantite sempre dal bilancio UE, i cosiddetti “recovery bond” o “bond della ripresa”.
La risoluzione, appoggiata dai principali gruppi che formano la maggioranza di UrsulaVon der Leyen, e cioè popolari, socialisti e liberali, è stata approvata con 395 voti favorevoli, 171 contrari e 128 astenuti (in sintesi: si è approvata l’introduzione dei “recovery bond”; è stato approvato l’eventuale ricorso al MES (senza condizioni?); si è rigettata l’ipotesi di utilizzo di “covid bond”, cioè di titoli pubblici di debito raccolti dall’Europa per finanziare le maggiori spese pubbliche dovute al coronavirus, senza alcun accenno agli eurobond, da noi preferiti.
Il risultato della votazione ha nettamente evidenziato le posizioni in campo anche in Italia. Infatti PD, Forza Italia ed Italia Viva si sono espressi favorevolmente, contro hanno votato Lega, Fratelli d’Italia e tre (3) eurodeputati 5stelle, mentre la maggioranza di questi ultimi si è astenuta. Ritengo molto grave, questo spacco delle forze politiche della maggioranza e dell’opposizione italiane, in vista della riunione dei Capi di Stato e di Governo del 23 p.v., che dovrà completare e perfezionare le decisioni adottate dall’Eurogruppo il 10 aprile scorso ed al quale il Presidente Conte si presenterà, sicuramente, in condizioni di debolezza, sia per quanto sopra evidenziato, sia perché il suo iniziale “NO” secco e preclusivo ad utilizzare i fondi del MEF, si è andato addolcendo ed è diventato possibilista se l’utilizzazione di quei fondi potrà avvenire senza condizioni (e qui sarà necessario ottenere precise ed inequivocabili garanzie, altrimenti e meglio alzarsi ed andarsene).
Questo è il clima e quindi fondamentale sarà la riunione europea del 23 p.v..
Da parte mia ritengo che, oggi, all’Europa serva una sorta di piano Marshall del 1948, chiaramente solo come tipo di intervento, cioè un notevole flusso di danaro a pioggia su tutti gli Stati Europei perché oggi le condizioni sono diverse. Oggi non c’è una potenza esterna -gli Stati Uniti- a fornire le risorse (gli USA investirono in Europa ben 14 miliardi di dollari di allora, all’Italia ne toccarono circa 1,7, una cifra spaventosa per l’epoca che ci consentì di rialzarci. Non dimentichiamoci, però, di quanto poi ci hanno messo dentro i nostri padri e nonni in termini di industriosità, lavoro, inventiva e soprattutto entusiasmo per ricominciare Risultato di tutto ciò: da paese prevalentemente agricolo diventammo una potenza industriale. Oggi, invece, dovrebbe essere l’Europa a fornire e gestire la “pioggia di fondi” che, non omettiamolo, aiutando i Paesi membri, aiuterebbe anche Lei, facendoci sentire veramente tutti cittadini di quell’Europa ideata dai fondatori.
A proposito di George Catlet Marshall, Sottosegretario di Stato degli USA, quando propose il piano a lui intestato, voglio ricordare, a me stesso, che di professione era Generale ed era stato Capo di Stato Maggiore dell’Esercito degli Stati Uniti dal 1939 alla fine della 2^ guerra mondiale. Sottolineo questa circostanza perché mi è sembrato alquanto singolare che nella “task force”, voluta dal Presidente Conte per la ricostruzione economica e sociale del Paese dopo la pandemia, presieduta da Vittorio Colao e formata da tecnici, come lo stesso Colao, accanto ai top manager, economisti, esperti del lavoro, sociologi, avvocati, commercialisti, psicologi, esperti di disabilità, si sia omesso di inserire un esponente delle Forze Armate Italiane (il Capo di Stato Maggiore della Difesa? Il Sotto Capo?) che da sempre studiano la “resilienza” (capacità di resistere alle emergenze) e la ricostruzione, non solo a seguito di conflitti, e non si sia nemmeno pensato di inserire un rappresentante delle attività CIMIC (Cooperazione civile militare) molto sviluppata nel nostro Paese. I militari non sono solo capaci di erigere ospedali da campo e trasportare defunti ma sono anche in grado di fornire elevatissime professionalità e capacità organizzative non comuni, che fanno parte del loro DNA professionale, come per altro ci viene ampiamente riconosciuto in tutti i Paesi dove lo Stato ha voluto inviarli per contribuire alla loro ricostruzione.
Con questo non voglio alimentare la, già insorgente, polemica sull’impiego delle Forze Armate Italiane nelle emergenze, ma, per amore di verità e di giustizia, mi è sembrato doveroso fare questa sottolineatura.
E, per oggi, basta!
BUONA SETTIMANA E, SIATE CERTI, “ non prevarrà”!
Segretario Generale di SI.A.MI.CO.
Gen. C.A. CC (c.a.) Serafino Liberati
Fonti utilizzate:
Il Messaggero, la Repubblica, il Giornale, il Fatto quotidiano, Avvenire, MF, Il Sole 24 ORE, Il Manifesto, Corriere della Sera, Libero, Il Giorno, La Notizia, La Verità, Left, La Stampa, Italia Oggi.