Il taglio alle pensioni più elevate è pronto. Ma scatterà a giugno, qualche giorno dopo le elezioni europee. L’Inps ha preparato la circolare con le indicazioni operative, che conterrà tra l’altro i termini per il conguaglio dei mesi passati, ma sarà pubblicata solo nelle prossime settimane. Perché ora la tecnostruttura è concentrata sugli appuntamenti clou di primavera: lunedì 1° aprile, con l’annunciato pagamento delle prime 25mila pensioni in “quota 100”, e un giorno ancora imprecisato di fine aprile quando verranno caricate le prime card del reddito di cittadinanza.
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Gli oltre 24mila pensionati più abbienti, quelli con l’assegno «di platino», come ha detto il vicepremier Luigi Di Maio quando a dicembre è stato approvato il prelievo «per favorire l’equità del sistema previdenziale», possono cominciare a fare i loro conti. Il taglio vale per le pensioni superiori ai 100mila euro lordi a calcolo retributivo o misto, è su cinque aliquote marginali che vanno dal 15% al 40% e avrà una durata quinquennale. I risparmi previsti dal governo, al netto delle fiscalità, sono appena superiori ai 415 milioni di euro in termini cumulati, meno del 5% di quanto si spenderà nel prossimo triennio per pagare “quota 100”.
LA SIMULAZIONE
La riduzione del reddito pensionistico sulle quote eccedenti 100mila euro annui lordi (1) (Fonte: elaborazione per il Sole 24 Ore di Antonietta Mundo, attuario)
La simulazione rappresentata nel grafico sovrastante è stata elaborata per il Sole 24Ore da Antonietta Mundo, attuario, ex capo del Coordinamento statistico Inps e autrice con l’economista Alessandra Del Boca di un libro sulla previdenza che l’anno scorso ha fatto molto discutere («L’inganno generazionale»; Ed. Egea).
Prendiamo il caso di una pensione da 120mila euro lordi: il taglio vale quest’anno 1.710 euro al netto dell’Irpef e senza tener conto delle minori trattenute per addizionali regionali e comunali. Il taglio netto è su 13 mensilità e a giugno dovrebbe aggirarsi attorno ai 131,5 euro. Se venissero conguagliati in soluzione unica, sempre a giugno, anche i primi cinque mesi dell’anno, il taglio crescerebbe allora di 657,7 euro, per arrivare a un totale di 789 euro.
La fascia di frequenza più alta di questi pensionati “d’oro” è tra 120 e 140mila euro. Che si tratti di un intervento equo o meno lo stabiliranno i giudici cui si rivolgeranno, come hanno ampiamente preannunciato, le diverse categorie interessate. Qui ci limitiamo a segnalare che la riduzione media annua del reddito pensionistico oscillerà dall’1,36% per la fascia da 110mila euro e salirà al 24% per i pochissimi che si collocano sopra la soglia dei 500mila euro lordi. Considerando che stiamo parlando di contribuenti con l’Irpef al 43%, è come se nei prossimi cinque anni, solo per questi redditi, l’Irpef salisse dal 44,3% fino al 67 %.
In questo piccolo gruppo di pensionati abbienti c’è una componente di fortunati che non saranno toccati dal «prelievo di equità». Sono quelli con un assegno calcolato totalmente con il criterio contributivo, ad esempio chi è andato in pensione facendo la totalizzazione dei contributi versati. Mentre, per contrappasso, se un pensionato con assegno anticipato o di vecchiaia fosse divenuto inabile a causa di una malattia conseguita dopo il ritiro dal lavoro (situazione che cosente il riconoscimento dell’assegno di accompagnamento) subirà il taglio come gli altri.
Al taglio «equitativo» va aggiunto l’effetto del nuovo meccanismo di adeguamento degli assegni all’inflazione, introdotto dalla legge di Bilancio 2019, in vigore fino al 2021 incluso. La perequazione è piena solo per gli importi fino ai 1.522,26 euro pagati l’anno scorso, che quindi verranno incrementati dell’1,1 per cento. Per gli importi più elevati sono previsti 6 scaglioni di adeguamento, con aliquote decrescenti fino al 40% (pari a una rivalutazione effettiva dello 0,44%).
Però, poiché la legge di Bilancio è stata approvata a fine 2018, l’Inps non ha avuto tempo di aggiornare i pagamenti alle nuove regole e in questi mesi ha liquidato gli importi in base al meccanismo “per fasce” previsto dalla legge 388/2000, che è più generoso nei confronti dei pensionati. La conseguenza è che chi incassa una pensione da 120mila euro lordi finora ha ricevuto poco più di 40 euro al mese non dovuti. Già da aprile saranno messi in pagamento i nuovi e più bassi importi, mentre il recupero delle somme in più, pagate nel primo trimestre , sarà spalmato sui mesi successivi.